TrashTag
Ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare il riciclaggio dei rifiuti.
Il decennio appena concluso è stato indubbiamente caratterizzato dai social, i loro trend, gli hashtag, i meme e le challenge. Ogni anno ha avuto i suoi tormentoni che lo hanno rappresentato e il 2019 chiaramente non è stato da meno. Tra un #OkBoomer e un video di TikTok c’è stato anche #trashtag.
Il 5 marzo 2019 l’utente di Facebook Byron Román ha pubblicato un’immagine ritraente un luogo ripulito da una persona, con una fotografia “prima” e “dopo” la pulizia, sfidando gli “adolescenti annoiati” a raccogliere la spazzatura in luoghi pieni di immondizia. Il post ha guadagnato oltre 91.000 like e 300.000 condivisioni in una settimana. Da lì è passato poi su altre piattaforme, fino a diventare un vero e proprio trend per cui le persone si sono messe a ripulire spiagge, strade e spazi verdi, postando una foto di prima e dopo il proprio intervento.
Ammetto di essere affascinato da questi trend, da come nascono e si evolvono. Li seguo per lavoro e per curiosità, ma raramente partecipo. Tuttavia #trashtag mi ha offerto lo spunto per dare un nome a un lavoro personale inerente ai rifiuti (trash) svolto dal nostro gruppo all’interno del luogo di lavoro: il Talent Garden Calabiana (a.k.a. Tag).
Questo è il nostro, personalissimo, #TrashTag.
Il Tag
Come dicevo, lavoriamo all’interno di uno spazio di coworking a Milano, il Talent Garden di via Calabiana. Questa scelta è dovuta ai vantaggi che uno spazio di lavoro del genere offre, con un networking continuo e uno scambio di idee che nutre la nostra creatività e ispira i nostri lavori.
Certo, lavorare circondati da 400 persone può avere anche qualche inconveniente come, per esempio, quando ci si trova tutti insieme nel community space per l’ora di pranzo.
E il Trash
Come è possibile immaginare, durante i pasti, tra schiscette (il portavivande in lombardo), ordini di Glovo/JustEat/Deliveroo, la frutta offerta dal Tag e i pasti presi da asporto al Tag Cafè, la quantità di rifiuti è notevole.
In community space sono presenti diversi cestini per la raccolta differenziata, ed è proprio qui che inizia la nostra challenge. Sebbene i cestini abbiano delle indicazioni adesive poste sopra i coperchi recanti i diversi materiali da smaltire, la scena che si presenta quotidianamente è quella descritta dall’immagine qui sotto. Cestini diversi con all’interno lo stesso tipo di rifiuto.
Come designer ci piacciono le sfide e amiamo risolvere problemi, per questo abbiamo deciso di provare a realizzare una soluzione in grado di aiutare le persone a riciclare in modo corretto, e allo stesso tempo di diventare uno strumento utile a Talent Garden per tutti i campus e non limitato al nostro.
I problemi
I cestini presenti in community space sono così fatti: hanno un corpo a forma di parallelepipedo e un coperchio su cui è presente un adesivo prespaziato con l’indicazione del materiale da riciclare, lo stesso viene posto anche sul lato frontale del corpo.
Da subito si nota come, avvicinandosi ai cestini, l’indicazione frontale perda di efficacia, poiché posta troppo in basso rispetto alla visuale. L’adesivo posto sul coperchio risulta invece utile finché lo stesso resta chiuso. Dal momento che le persone si alternano in una continuazione davanti ai cestini per gettare i rifiuti, come prevedibile i cestini restano perennemente aperti.
Inoltre gli adesivi esterni, essendo soggetti a usura, si rovinano, lasciando giusto qualche pezzo che nel migliore dei casi lascia intuire il materiale a cui fa riferimento.
Il problema principale, quindi, è quello di riuscire a comunicare alle persone quali materiali debbano essere gettati in ogni cestino, dato che le indicazioni presenti non sono sufficienti.
Un secondo problema, che accomuna tutti coloro che fanno la differenziata, è quello di sapere se tal prodotto vada effettivamente gettato dove il senso comune vorrebbe. Ad esempio non tutti sanno che il cartone, se intriso di olio o sporco di qualche salsa, non va gettato nella carta, ma nell’indifferenziata. Oppure che i tovaglioli di carta sporchi vanno gettati nell’umido e non nella carta.
Le soluzioni
Dopo aver analizzato i problemi, abbiamo pensato alle caratteristiche che la soluzione avrebbe dovuto avere:
- mostrare il materiale anche quando il coperchio è aperto
- fornire più indicazioni sui tipi di prodotti che possono essere inseriti nei cestini
- aiutare la scelta anche con qualche immagine
- linguaggio familiare e più leggero possibile
La soluzione più naturale è stata quella di realizzare delle indicazioni che potessero essere attaccate all’interno del coperchio, inserite nello spazio disponibile. Tale soluzione permette di essere immediatamente visibile alle persone, aiutandole nello smistamento.
Per cercare poi di aiutare a capire quali prodotti debbano essere riciclati in maniera specifica abbiamo utilizzato le indicazioni del sito AMSA (che gestisce la raccolta rifiuti milanese). Per ogni tipologia di materiale abbiamo fornito esempi di prodotti più comuni tra quelli usati dalle persone in Tag (scatoletta del tonno, posate di plastica, tovaglioli di carta, contenitori in tetrapack). Infine per veicolare il messaggio abbiamo preso in prestito da Ikea una figura che ha accompagnato da sempre le istruzioni d’uso e montaggio dei loro prodotti: l’omino Ikea, inserendo un cuore recante la scritta Tag, al fine di esprimere gratitudine verso il gesto di corretto riciclo. I disegni di alcuni prodotti tipici del Tag Cafè al piano superiore, come i contenitori del cibo da asporto e le posate, aiutano a capire dove gettare l’immondizia. Con un’unica eccezione legata al vetro, perché abbastanza auto esplicativa.
Qui potete vedere le grafiche sviluppate
Risultati
La misurazione dei risultati è ovviamente lasciata alla bontà del nostro occhio, che alla fine del pasto guarda nei cestini. A nostro modo di vedere un cambiamento è avvenuto: se prima si era soliti notare lo stesso prodotto in quattro cestini diversi ora la situazione è nettamente migliorata. Restano ancora dubbi legati a tovaglioli, posate e bicchieri di carta. Ovviamente parte del processo è legato anche alla buona volontà di chi getta i rifiuti, separando il contenitore dal contenuto o avendo cura di gettare la carta solo se “pulita”.
Il Talent Garden nel frattempo ci ha chiesto i file di lavoro per poterne stampare ulteriori, da applicare anche negli altri campus di Milano e noi siamo felici di aver dato il nostro contributo alla #TrashTag challenge.